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Il ricordo di Roberto Maroni è legato a momenti di riflessione e commozione. Alle sue esequie, l’emozione era palpabile, ma surreale, con tanti volti noti che lo avevano accompagnato in vita: alcuni sinceramente affranti, altri, che in passato lo avevano criticato, presenti con rispetto. Maroni, però, era consapevole della natura ambigua della politica, dove i veri amici sono pochi e i conoscenti numerosi. La sua forza era il realismo, consapevole che l’unica cosa che conta è rimanere in pace con la propria coscienza.

Nel 2012, Maroni mi affidò la guida della Lega Nord nel varesotto. Fu un incarico difficile, ma accettai con il senso del dovere che avevamo condiviso. Ricordo le sue parole al congresso provinciale di Varese: “Da oggi, basta casini!”, un monito che segnava la necessità di mettere fine alle divisioni interne. 

La sua Lozza e la mia Morazzone, due piccoli comuni della provincia di Varese, confinanti tra loro, dove avevamo sviluppato una visione della politica locale centrata sulle comunità.

Forte della presunzione delle mie idee, andai da lui in Regione Lombardia insieme a Marco Magnifico del FAI e gli dissi:”Bobo, una lungimirante signora facoltosa ha lasciato i suoi beni per dare lustro a Morazzone. Se ci stai, facciamo un percorso insieme di rigenerazione urbana e di promozione del territorio che può diventare un modello per i piccoli comuni”. Lui mi credette e sostenne finanziariamente il progetto di Casa Macchi che ora fa 15.000 visite all’anno e ha cambiato per sempre la storia del mio paese! 

Ironia della sorte, il mio destino si è intrecciato a quello di Bobo anche nel momento più difficile, ereditando la candidatura a Sindaco di Varese, che sarebbe stata per lui il coronamento di una carriera dedicata al territorio ed io sono grato al fato per aver conosciuto il ragazzo di Lozza.

Stay tuned

Matteo Bianchi