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La settimana di Sanremo è una settimana strana nel calendario, in cui, anche chi non segue Sanremo come me, si ricorda che è inverno, ma ancora per poco. In qualche modo il festival sembra anticipare il ritorno del caldo, dei colori, dei fiori della primavera, e del mare. Il Mare!

Forse non si può raccontare il Bobo senza parlare di mare.

Lo penso mentre sono in mezzo agli amici, a ridere e godermi il rito nazionalpopolare della finalissima dall’Ariston. Tra una canzonetta e l’altra mi ritrovo “ciapato” da un brano in cui si mischiano le cose come onde, insieme ai ricordi, ai pensieri, al vento… Sto parlando della cover proposta da Bresh, insieme a Cristiano De André: quella “Creuza de mä” che fin dai primi accordi mi rapisce al punto da volerla riascoltare altre dieci, venti, mille volte.

La canzone figlia di quella terra, figlia della nostra terra, che mischia tutto.

La melodia, il vento, le urla popolane, la nostra terra e qui viene il primo istinto di buttar giù queste righe. Scrivo mentre riascolto “Creuza de mä” e infinite immagini mi tornano davanti agli occhi.

Penso al Bobo politico, al Bobo camminatore, al Bobo in barca a vela, al Bobo insieme a noi nell’osteria dell’Andrea, a tutte le volte che avrei potuto scrivergli un uotsapp in piu’, a tutte le volte che avrei potuto ascoltarlo di più, a tutte le volte che avrei potuto fidarmi di più, a tutte le volte che dunde ne vegnì, duve l′è ch’ané?.

A tutte le volte che la Politica fatta all’ombra di muri (umbre de muri), a tutte le volte che la militanza politica clandestina dei primi anni ti ha puntato il coltello alla gola (e a neutte a n’à puntou u cutellu ä gua), a tutte le volte che siamo stati come tanti marinai puntando verso il Nord, a tutte le volte che siamo stati i tuoi mozzi sul veliero della Lega: “La Potentissima!”, a tutte le volte che abbiamo sognato una Padania fatta di montagna quanto di mare, a tutte le volte che hai salutato la riva per ripartire, a tutte le volte che sei tornato in quella Padania che chiamiamo Casa: “bacan d’a corda marsa d’aegua e de sä, che a ne liga e a ne porta ‘nte ‘na creuza de mä.”

Stay tuned!

Federico Martegani

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